Verbale del  09/10/2002  inserito da  LAMBERTI Gaetano
    Documento della sede di Padova
“La riforma 3+2. I primi risultati dopo un anno di applicazione. Le proposte di modifica.”
Incontro fra i membri GRICU della sede di Padova
27 settembre 2002

Il lungo e contrastato lavoro svolto dalla Commissione Didattica del Corso di laurea di Ingegneria Chimica dell’Università di Padova è stato impostato con gli obiettivi di:
 contenere il numero degli insegnamenti;
 definire prima i programmi degli insegnamenti e solo successivamente la loro collocazione nei settori scientifico-disciplinari ;
 evitare lacune e ripetizioni;
 cercare un livello di didattico commisurato alla possibilità di apprendimento degli studenti;
 preparare in tre anni un tecnico utilizzabile dal mondo del lavoro;
 preparare gli studenti che si iscrivono alla laurea di II livello.

Alle motivazioni di natura politica e sociale che probabilmente hanno ispirato la riforma si devono accompagnare quelle di stretta competenza dei docenti, secondo le quali essa può trovare ragion d’essere se:
 immette nel mondo del lavoro persone più giovani (corsi di studio triennali anziché quinquennali);
 riduce la durata effettiva del corso di studio che dai dati statistici si attestava su sette/otto anni (per la laurea quinquennale).

Il DIPIC (Dipartimento di Principi e Impianti di Ingegneria Chimica “I. Sorgato”) ha organizzato nell’ottobre del 2001, ovvero all’inizio di questo nuovo ordinamento didattico, un incontro con operatori dell’industria e dell’amministrazione pubblica per confrontare opinioni ed esperienze.
Da queste giornate di studio è emerso come:
 operatori di aziende multinazionali ritengono che il laureato in ingegneria chimica italiano sia il migliore per età e formazione in quanto dotato di buona cultura di base ed adatto ad apprendere in tempi brevi le specializzazioni richieste dall’impiego;
 operatori di piccole e medie aziende richiedono un laureato più giovane e con minori aspettative.

Che vi fosse d’altra parte necessità di una revisione del vecchio ordinamento non c’è dubbio. Esso non era certo esente da critiche, che si possono riassumere in:
 proliferazione di insegnamenti e incontrollata espansione dei programmi;
 mancanza di coordinamento dei docenti;
 autonomia didattica dei docenti che spesso sconfinava nell’arbitrio;
 mancanza di forme di indirizzo se non di selezione degli studenti all’ingresso che portano a formare “classi” talmente disomogenee da rendere arduo definire un livello didattico utile a tutti.

Perché allora non agire sulle forme già esistenti (Laurea quinquennale e Diploma) ed invece passare dal percorso “in parallelo” a quello “in serie” già a suo tempo respinto a livello nazionale dai docenti di Ingegneria Chimica?

Dall’incontro dei Presidenti di CCL tenuto a Roma il 15 luglio, già dalle prime esperienze è emerso come:
 la grandissima parte degli studenti rifiuta il percorso triennale e sceglie quello quinquennale;
 il percorso “in serie” (3+2) fornisce una preparazione anzi una formazione diversa da quello “in parallelo” (laurea quinquennale e diploma) e sembra di livello inferiore;
 non è detto che gli anni 3+2 teorici coincidano con i cinque reali;
 la necessità di ottenere comunque un titolo di I livello per iscriversi alla laurea di II livello rischia di far perdere un anno agli studenti.

Le eventuali proposte di passare da tre a quattro anni nella laurea di I livello non risponderebbero a nessuno degli obiettivi elencati all’inizio del documento. In primo luogo si conserverebbero i problemi della laurea triennale (didattica in serie e blocco intermedio degli studi). Inoltre il laureato quadriennale, del quale ancora non è ben definito il percorso formativo, non si saprebbe collocare soddisfacendo le due tipologie richieste dal mondo del lavoro (giovane laureato da inserire nei livelli tecnici o laureato più maturo da inserire nelle posizioni di responsabilità).
Crediamo che la sostanza del problema stia proprio in questo aspetto: che destinazione avrebbe questo laureato?
Se è stato un errore il voler fare con il Diploma un ingegnere chimico junior (o bonsai) e avremmo dovuto invece fare un tecnico sostanzialmente diverso dall’ingegnere (addetto alla manutenzione, addetto alle vendite, addetto al controllo, addetto alla sicurezza, addetto alla qualità etc..), evitiamo almeno di ripetere l’errore.

A livello proposte, nonostante le impressioni non lusinghiere sulla riforma, si è convenuto che:
 essendo il riordino ormai in atto, non sembra ragionevole interromperlo prima di vederne i primi risultati;
 se si deciderà di ridefinire l’intero percorso, appare preferibile tornare al tre ed al cinque in parallelo, individuando nuove figure di inserimento professionale per entrambi.

Padova 27 settembre 2002